La fisica quantistica (o meccanica quantistica) è quella branca della scienza che studia i fenomeni della natura a livello microscopico: atomico e subatomico.
Si tratta di un settore scientifico in continuo divenire che utilizza strumenti di ricerca innovativi ed estremamente potenti (come, ad esempio, il grande acceleratore di particelle del CERN di Ginevra), e che si avvale di complesse rappresentazioni matematiche non traducibili nel linguaggio corrente.
I suoi esordi risalgono ai primi decenni del secolo scorso e si devono alle intuizioni di grandi uomini di scienza come Max Planck, Niels Bohr, Werner Heisenberg, Erwin Schrodinger, Richard Feynman (e altri).
Nonostante la fisica quantistica abbia già prodotto risultati di grande rilievo sul piano pratico e conoscitivo (ad esempio la realizzazione, in campo medico, della risonanza magnetica), gli scienziati concordano nel dire che essa potrà offrirci ancora più sorprese in futuro.
Ma una grande sorpresa ce la riserva fin d’ora: la fisica quantistica infatti ci rivela che, nell’infinitamente piccolo, la materia ha una struttura molto diversa rispetto a quella normalmente percepita dai nostri sensi.
Quella materia che a noi appare così solida e tangibile, basata su leggi definite e immutabili, è costituita, in realtà, da un’energia vibratoria che sfugge alle leggi del mondo fisico.
La materia, dunque, non sarebbe dotata di un’esistenza sua propria, ma sarebbe una forma di aggregazione provvisoria e più densa dell’energia intelligente che pervade il Creato.
«La corrente della conoscenza ci conduce a una realtà non meccanica; l’universo diventa molto più simile a un grande pensiero che a una grande macchina. Noi scopriamo che l’universo dà segni dell’esistenza di un potere che lo controlla e che ha qualcosa in comune con i nostri spiriti individuali», scriveva nel 1930 James Jeans, uno dei protagonisti della rivoluzione della fisica.
«La vita non può essere definita soltanto dai meri aspetti biologici, ma anche e soprattutto dal trionfo della natura spirituale dell’universo che ci guida silenziosamente. Niente è come appare. Non solo il mondo non è come lo avevamo immaginato, ma la realtà è ancora più incredibile… Abbiamo infatti scoperto che la materia, che sembra solida e compatta, è invece fatta di energia vibratoria», ha scritto recentemente il fisico italiano Federico Faggin, uno dei padri della rivoluzione informatica.
La fisica quantistica sembra quindi aggiungere un nuovo tassello alla visione emergente secondo la quale la nostra mente e la nostra autocoscienza non sarebbero originate dai processi biologici cerebrali (come si era fin qui ritenuto), ma esisterebbero in un “altrove” che trascende il corpo fisico. Il nostro cervello sarebbe solo un terminale ricevente che decodifica i segnali provenienti dall’esterno.
Un concetto che il cardiologo olandese Pim van Lommel ha sintetizzato nel termine “coscienza non locale”.
Pim van Lommel è uno dei più autorevoli studiosi delle cosiddette “esperienze ai confini della morte” (NDE - Near Death Experience), un campo di studi nato circa mezzo secolo fa per approfondire le testimonianze di pazienti che si sono trovati in condizioni di provvisoria morte clinica. Molti pazienti hanno riferito, al loro risveglio, di aver vissuto durante il coma esperienze insolitamente vivide, d’una lucidità e d’una coerenza addirittura superiori a quelle del normale stato di veglia. Alcuni di essi hanno raccontato di aver avuto visioni ultraterrene, rivedendo parenti defunti e sperimentando una ricapitolazione della loro vita.
Si tratta di fenomeni che non è possibile validare secondo le ordinarie prassi del metodo scientifico, e che tuttavia in molti casi è stato possibile verificare in concreto: numerose testimonianze hanno infatti riportato dettagliate percezioni visive della sala chirurgica, dell’ambiente sanitario e dei medici impegnati nell’opera di rianimazione… percezioni che sembrerebbero impossibili in persone che si trovano in uno stato di coma o di arresto cardiaco.
Particolarmente interessanti, per non dire straordinarie, le testimonianze di persone non vedenti che, durante il coma, sono tornate a vedere con dovizia di dettagli, sperimentando una visione nitida e lucida. Persone che, al loro risveglio, hanno descritto ambienti e situazioni dimostrando di aver provvisoriamente superato la barriera dell’invalidità visiva. Una ulteriore prova che, durante le NDE, si erano avvalse di facoltà sovrasensoriali diverse da quelle dei sensi fisici.
Oggi molte persone «credono ancora che la morte sia la fine di tutto perché non hanno mai sentito parlare o letto nulla sulle NDE» osserva van Lommel. «Che la morte fosse la fine era anche la mia convinzione. Ma dopo molti anni di ricerca critica sui racconti delle persone che avevano avuto delle NDE, e dopo una scrupolosa verifica delle conoscenze attuali riguardo la funzione cerebrale, la coscienza e alcuni principi base della fisica quantistica, la mia visione è andata incontro a una drastica trasformazione. Adesso vedo la continuazione della coscienza dopo la morte del corpo fisico come una possibilità molto reale…».
L’orizzonte specialistico nel quale si muove il dott. van Lommel è quello della scienza medica e psicologica, ma, come si vede, egli fa riferimento anche ai «principi base della fisica quantistica».
A questo punto una domanda sporge spontanea: qual è il rapporto esistente tra le esperienze NDE e la fisica quantistica?
Le esperienze NDE confermano che la nostra mente e la nostra coscienza non sono esclusivamente dipendenti dal corpo fisico. E anche la fisica quantistica giunge indirettamente alla medesima conclusione: se l’essenza del Creato consiste in una vibrazione energetica immateriale, ne consegue che anche la nostra coscienza non risponde esclusivamente alle leggi del mondo fisico.
Per questo motivo, al momento della morte, quando si dissolve l’identificazione tra la mente e il corpo determinata dalla nostra struttura sensoriale, la coscienza continua a vivere in una dimensione diversa conservando il proprio senso di identità e la consapevolezza del proprio esistere.
Emozionanti, in tal senso, le parole di Papa Francesco pronunciate il 24 agosto 2022 durante una catechesi sul tema della vecchiaia: «La nostra destinazione è il cielo. Il nostro destino è risorgere. Potremmo dire che è un po’ come una seconda nascita. Dopo la morte, nasciamo al cielo, e siamo ancora noi che abbiamo camminato su questa terra… Noi non possiamo immaginare questa trasfigurazione della nostra corporeità mortale, ma siamo certi che essa manterrà riconoscibili i nostri volti e ci consentirà di rimanere umani nel cielo di Dio».
Riassumendo le considerazioni anzidette, possiamo affermare che le punte più avanzate della scienza – sia pure con sfumature interpretative diverse – stanno iniziando oggi ad ammettere l’esistenza di una coscienza distinta dal corpo fisico: cioè quella parte vitale e spirituale di noi stessi che le tradizioni religiose definiscono con il termine di “anima” (dal greco ánemos: “soffio”, “vento”).
Molte persone, oggi, si trovano nel tunnel di una visione esistenziale atea a causa dei pesanti condizionamenti imposti dalla cultura materialista del nostro tempo. Una cultura isterilita in un riduzionismo tecnico-economico che rifugge dalle domande sul senso della vita. Ma se non ci poniamo queste domande – avverte Papa Francesco – «schiacciamo la vita solo sul presente, pensiamo che dobbiamo goderla il più possibile e finiamo per vivere alla giornata, senza uno scopo, senza un traguardo».
Per tutti questi motivi ritengo sia importante incominciare a diffondere, a livello divulgativo, la consapevolezza di quella che possiamo definire la “nuova alleanza” tra scienza e fede.
Potrà essere un’ancora di salvataggio offerta all’uomo contemporaneo, stretto nella morsa dell’utilitarismo tecnocratico, affinché recuperi una visione morale e spirituale capace di dare nuova linfa all’esistenza.
Potrà essere un utile contributo a quella “nuova evangelizzazione” che il Santo Padre propone come modello a tutti i credenti: «La Chiesa non cresce per proselitismo ma “per attrazione”» spiega Papa Francesco nella “Evangelii gaudium”, l’Esortazione apostolica promulgata agli inizi del suo pontificato.
Attenzione, però, se il grave errore del passato è stato quello di derubricare la fede a generica forma consolatoria contro i mali dell’esistenza, dobbiamo stare attenti a non cadere oggi in un errore di segno opposto: quello di attribuire alla scienza il potere di arrivare alle verità ultime che riguardano il mondo spirituale.
Una giusta chiave di lettura ci viene fornita dalla “Fides et Ratio”, l’Enciclica di San Giovanni Paolo II che si apre con il bellissimo incipit: «La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità». La ragione, la scienza e la filosofia – è spiegato nell’Enciclica – poggiano sulla percezione dei sensi e si muovono «alla luce del solo intelletto». Mentre la fede «si fonda sulla testimonianza di Dio e si avvale dell’aiuto soprannaturale della grazia».
Esiste nell’essere umano una dote innata, una risorsa legata al libero arbitrio che possiamo sviluppare attraverso il giusto discernimento: partire dal fenomeno per arrivare al fondamento, compiere il percorso dall’Immanente al Trascendente.
Carlo Jovine
Perito Neurologo della Diocesi di Roma
e del Dicastero delle Cause dei Santi
Per leggere il libro di Carlo Jovine “Testimone di miracoli. Tra Scienza e Fede”: