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Conversione ecologica: un’opportunità imprescindibile per cittadini e comunità

Andrea Micangeli, 50 anni, romano, è un ingegnere specializzato in energie rinnovabili, docente di “Sistemi Energetici” presso la Facoltà di Ingegneria della Sapienza Università di Roma. 

L’ing. Micangeli è un credente, formatosi spiritualmente tra gli anni Ottanta e Novanta frequentando a Roma la Parrocchia di Santissima Trinità a Villa Chigi. 

Ed è proprio grazie alle Missioni Stimmatine che si è recato per la prima volta in Africa nel 1991, dove ha messo a frutto le sue competenze tecniche per creare infrastrutture per le popolazioni locali. 

Ancora oggi è molto attivo nella cooperazione internazionale in Africa e in America Latina, dove collabora, insieme a ingegneri senior e giovani studenti della Sapienza, al programma internazionale “Grand Challenges for Engineering”: un programma che punta a contrastare la povertà energetica, a migliorare l’accesso ai servizi igienico-sanitari e all’acqua potabile, e a sviluppare “energia di comunità” con fonti rinnovabili. 

L’ing. Micangeli ha illustrato a “Orbisphera” le sue attività ed i progetti in corso.

«Sono molto legato alla parrocchia Santissima Trinità a Villa Chigi, che ho frequentato assiduamente da giovane. Dal 1994 l’attività nella cooperazione internazionale è divenuta più intensa, perché corrispondeva ad un mio specifico interesse nel campo delle “tecnologie per i villaggi”. In particolare, mi sono specializzato nella formazione di piccole reti locali (“mini-grid”) che forniscono elettricità e acqua potabile da energia rinnovabile. 

Dal 2001 – continua Micangeli – sono docente alla Sapienza. Il mio ruolo non si limita alla formazione teorica ma ambisce a coinvolgere gli studenti nell’apprendimento sul campo – in Africa, in America Latina e anche nelle nostre città – affinché essi possano testare le conoscenze acquisite e possibilmente costituire nuove “comunità energetiche”. 

I progetti “mini-grid” sussistono grazie a partnership con università italiane e statunitensi e con diversi enti profit e no-profit. Dal punto di vista tecnico, una “mini-grid” – o piccola rete elettrica – si differenzia dalle grandi reti nazionali perché la generazione di elettricità è legata a energie locali (normalmente rinnovabili) ed è prodotta e consumata sullo stesso territorio grazie a sistemi fotovoltaici, eolici, idroelettrici o a biomasse. Cosa soprattutto utile in territori sconfinati e senza infrastrutture energetiche come l’Africa. 

Per costituire una o più “mini-grid” – chiarisce l’ing. Micangeli – il nostro primo compito è formare i giovani africani tramite una vera e propria scuola: la “Micro-Grid Academy”. Per gestire in autonomia la manutenzione della comunità energetica è nata un’associazione che riunisce gli studenti più promettenti e dotati di sensibilità ambientale: la “Grand Challenges Alumni”, che ha appena vinto un progetto della Regione Lazio dedicato proprio alle “comunità energetiche” nel nostro territorio.

La “green community” è caratterizzata dal decentramento e dalla localizzazione della produzione energetica ed è accomunata dall’obiettivo di autoprodurre e fornire energia rinnovabile a prezzi accessibili ai propri membri. Sono caratteristiche che rendono possibile esportare il modello e ricrearlo anche in Italia: nelle città ma anche nelle zone rurali e industriali. 

Un impianto energetico di comunità – spiega l’ingegnere – può essere costituito ovunque, ad esempio anche sul tetto di una parrocchia, e può essere condiviso dagli associati circostanti generando benefici sociali, ecologici ed economici. È fondamentale accomunare utenti che consumano energia elettrica di giorno, mentre essa si “autoproduce” grazie alla luce solare: quindi scuole ed uffici che possano “bilanciare” il consumo degli appartamenti residenziali. 

Il fine ultimo è massimizzare il consumo immediato del “solare”, ottenendo un forte sconto sul costo dell’elettricità perché non “occupiamo” le infrastrutture nazionali. Ovviamente tutto ciò richiede superficie sufficienti per apporre i pannelli fotovoltaici…

Evidente è il beneficio di carattere economico, con immediati sconti in bolletta per le ore di autoproduzione diurna, ed incentivi annuali che provengono dal GSE (Gestore Servizi Energetici) attraverso un sistema di restituzioni legato alla riduzione di utilizzo delle infrastrutture elettriche. 

Parte di tali fondi, secondo la Legge n. 8 del 2020, devono essere destinati all’impegno sociale e ambientale: donare energia autoprodotta alle famiglie indigenti, ridurre la produzione di CO2, impegnarsi nel ciclo del riciclo o altre attività a sfondo umanitario. 

Anche i costi fissi per costituirsi come comunità energetica non rappresentano un ostacolo: esistono diverse banche pronte a finanziare i progetti. Per le imprese si può ottenere un super-ammortamento del valore dell’investimento, mentre i privati possono avere una detrazione fiscale del 50% e la possibilità di creare un crowdfunding tra gli associati alla comunità».

Al momento, in Italia, esistono pochi progetti pilota, come ad esempio la “Geco Green energy community”: la comunità energetica del quartiere Pilastro-Roveri di Bologna. Ma il prof. Micangeli assicura che i progetti saranno implementati già dalla seconda metà dell’anno: «Il nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), appena approvato dal Presidente del Consiglio Draghi, favorisce le “green communities” a cui destina 6,2 miliardi di euro, incentivando in particolare i piccoli comuni (con fondi da 180mila euro ciascuno). Il Piano Nazionale per l’Energia e il Clima ha l’obiettivo, per il 2030, di ridurre del 40% le emissioni totali rispetto al 1990. 

Per supportare la sviluppo di queste nuove “comunità energetiche”, gli studenti e i ricercatori dell’Università Sapienza, in collaborazione con altri atenei e piccole imprese, hanno costituito il “Community Energy Lab” operativo da subito, a disposizione dei soggetti che decidono di costituirsi come “green community”, sia dal punto di vista tecnico che normativo». 

L’obiettivo prioritario è la salvaguardia dell’ambiente, come Papa Francesco ha ribadito nell’enciclica “Laudato si’” del 2015, ponendo “il Creato” al centro dell’ecosistema globale e facendo del suo rispetto un impegno imprescindibile per ogni cattolico. 

È appunto questa l’aspirazione del prof. Andrea Micangeli: «Un inno alla conversione ecologica, al rispetto dell’ambiente e alla gestione comune e razionale di esso, in ogni luogo a partire da piccoli gruppi di cittadini, tra loro, e anche con enti religiosi, pubblici e privati… soprattutto facendo comunità!». 

PER APPROFONDIMENTI E CONTATTI:


Rita Ricci

02 giugno 2021 Indietro

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