La cultura
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Architettura e liturgia tra antico e moderno

Si svolgerà a Roma giovedì 19 ottobre, con inizio alle ore 18:00, presso la chiesa Santa Maria dei Miracoli (Via del Corso, 528), la presentazione del libro “Architettura e liturgia. Intese oltre i malintesi” scritto da Leonardo Servadio (Tab Edizioni, 2023). 

Insieme all’autore, interverranno alla presentazione del libro: don Luca Franceschini, responsabile dell’Ufficio CEI per i Beni Culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto; Giovanni Gazzaneo, critico d’arte e coordinatore della rivista “Luoghi dell’Infinito”; Stefano Mavilio, architetto e docente alla Facoltà di Architettura della Sapienza Università di Roma (Sede di Valle Giulia). 

Per meglio comprendere le ragioni e le finalità del libro, “Orbisphera” ha intervistato l’autore.

Ci spiega quale relazione intercorre tra architettura e liturgia?

È bene premettere che non sono un presbitero e neppure un architetto. Conosco l’argomento perché me ne sono occupato da giornalista negli ultimi trent’anni e perché frequento le celebrazioni liturgiche. Quindi penso di guardare le chiese con occhi diversi rispetto a coloro che hanno pubblicato finora libri su questo argomento, che sono in prevalenza presbiteri.

Chi progetta una chiesa è chiamato a tenere conto delle liturgie che vi si officiano. A volte, invece, si sono viste chiese contemporanee concepite come contenitori avulsi dalla loro finalità d’origine.

Le chiese hanno un forte valore simbolico perché richiamano le liturgie che sono in esse celebrate. E costituiscono un fattore di identificazione per le comunità perché recano la memoria di momenti fondamentali per la vita delle persone e delle famiglie: il ricordo di battesimi, cresime, eucaristie, matrimoni, esequie… Si può dire che le azioni liturgiche vi imprimano il sigillo dell’appartenenza alla comunità, dal momento che i fedeli vi trovano riflessi i passi che segnano il cammino della loro vita.

Quindi l’articolazione e la disposizione gerarchica dei poli liturgici deve necessariamente informare l’architettura delle chiese.

La relazione tra architettura e liturgia appare evidente, ma nelle chiese di recente costruzione tale rapporto sembra essere poco armonico?

Nel corso della storia, la consuetudine aveva determinato una certa armonia tra il progetto delle chiese e l’organizzazione liturgica, ma negli ultimi due secoli tale rapporto è stato messo in discussione. 

Il progressivo diffondersi di nuove tecniche costruttive e di diversi approcci stilistici, insieme alle mutazioni introdotte nella pratica liturgica dal Concilio Vaticano II, hanno portato ad una situazione in cui le tradizionali tendenze di progettazione delle chiese sono diventate obsolete. Come, del resto, sono diventate obsolete le pratiche progettuali e costruttive di tutti gli edifici. 

Inoltre, com’è noto, la tradizione della Chiesa Cattolica è di camminare con la cultura e la sensibilità del tempo corrente, a differenza delle Chiese Ortodosse che tendono ad attenersi a moduli progettuali inveterati.

Tutto questo si è tradotto, in particolare dal secondo dopoguerra, in una situazione non più chiara in merito alla modalità di costruzione delle chiese. In questo periodo, in cui la cultura diffusa ha incominciato ad allontanarsi dalla cultura della Chiesa, è accaduto che, a volte, le nuove chiese sono state concepite come architetture volte a stabilire un rapporto con lo spazio urbano, ma tralasciando il rapporto con lo spazio liturgico, la cui organizzazione veniva pensata quasi in posizione ancillare rispetto alla forma architettonica.

Le iniziative intraprese, in particolare dagli anni ‘90, dalla Conferenza Episcopale Italiana –tramite l’Ufficio Liturgico Nazionale e l’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto – hanno puntato a recuperare, dopo anni di sbandamento nell’approccio progettuale delle chiese, un armonico rapporto tra l’architettura e l’organizzazione liturgica, pur nel mutato rapporto tra chiesa e tessuto urbano.

Nel libro di cui è autore si parla di “malintesi”. Può spiegarci quali sono i termini del contendere? Qual è la differenza tra gli architetti che disegnano chiese più tradizionali e gli architetti che modificano la struttura e disposizione liturgica?

Non credo che si possa parlare di chiese “tradizionali” in quanto distinte dalle chiese “non tradizionali”. Le chiese sono sempre tradizionali, visto che, come si diceva, la Chiesa cammina per tradizione con la cultura del tempo corrente. Ma occorre constatare che c’è stato un certo disorientamento con l’irrompere della modernità. 

Fino al secolo XIX la chiesa, nelle città europee, era tendenzialmente l’edificio preminente. Ma poi, si può concepire una chiesa che competa in altezza con la Torre Eiffel o anche soltanto con Palazzo Lombardia a Milano? Nel secondo dopoguerra ci siamo trovati di fronte a tentativi e sperimentazioni di segno diverso. 

Alcuni hanno progettato chiese tentando di dare loro una carica formale eccessiva, nella vana ambizione di recuperare la loro perduta posizione di preminenza; altri, dal lato opposto, col pretesto che la chiesa doveva essere umile e domestica, hanno proposto edifici nascosti, eccessivamente semplici o banali: le “chiese capannone” o le “chiese garage”, che sono state stigmatizzate da molti.

Il problema è quello di trovare un nuovo equilibrio tra la liturgia postconciliare, le ridotte capacità economiche della Chiesa Cattolica, e la necessità che la chiesa recuperi la sua valenza di luogo di riferimento nel contesto urbano attraverso la limpidezza dei suoi valori simbolici. 

È un problema tutt’ora aperto, ma le “Note pastorali” curate dalla Commissione Episcopale per la Liturgia nel 1993 (sulla progettazione delle nuove chiese) e nel 1996 (sull’adeguamento delle chiese esistenti) danno indicazioni molto chiare ed esaustive. Poiché si tratta di indicazioni di carattere, per così dire, teorico, che non scendono nei dettagli pratici, ho pensato di proporre nel mio libro una serie di esempi per mostrare quali risultati concreti ha sortito, in questi ultimi decenni, il dialogo tra la pratica liturgica e la sensibilità progettuale. 

Gli esempi di chiese contemporanee non soddisfacenti sono molteplici, e sono dovuti a diversi fattori, tra cui la fretta di dotare di centri parrocchiali le periferie cresciute con impressionante rapidità nel secondo dopoguerra. 

Negli ultimi anni l’attenzione per la qualità architettonica delle nuove chiese è molto cresciuta, grazie anche al sistema dei concorsi partecipati dalle comunità parrocchiali per l’assegnazione dei progetti. L’auspicio è che le esperienze compiute possano aiutare il cammino futuro.

INFO SULL’AUTORE:
Leonardo Servadio è un giornalista, già direttore del settimanale “Nuova Solidarietà”, corrispondente di “Executive Intelligence Review”, nel corso degli anni si è occupato in particolare di architettura e cultura per diverse riviste specializzate.
Collabora con “Avvenire” e “Luoghi dell’Infinito”. Tra i suoi libri: “FKS riflessi e riflessioni” (Medusa, 2005); “Lo Stato Nazione. Evoluzione e globalizzazioni” (Domus Europa, 2016). Dirige inoltre i siti web: 
https://www.frontiere.info
https://architetturasacra.org 
https://www.jerusalem-lospazioltre.it


Intervista a cura di Antonio Gaspari 
Direttore Orbisphera
www.orbisphera.org

11 ottobre 2023 Indietro

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