«Nel turbine di un’epidemia con effetti sconvolgenti e inaspettati, la presenza affidabile e generosa del personale medico e paramedico ha costituito il punto di riferimento sicuro, prima di tutto per i malati, ma in maniera davvero speciale per i familiari, che in questo caso non avevano la possibilità di fare visita ai loro cari».
Lo ha dichiarato papa Francesco ricevendo in udienza, sabato 20 giugno, gli esponenti del presidio medico dell’Ospedale “Spallanzani” di Roma e una delegazione di medici, infermieri e operatori sanitari delle regioni italiane più colpite dal coronavirus: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto.
I pazienti, ha proseguito Jorge Bergoglio, «hanno trovato in voi, operatori sanitari, quasi delle altre persone di famiglia, capaci di unire alla competenza professionale quelle attenzioni che sono concrete espressioni di amore. Hanno sentito spesso di avere accanto a sé degli “angeli”, che li hanno aiutati a recuperare la salute e, nello stesso tempo, li hanno consolati, sostenuti, e a volte accompagnati fino alle soglie dell’incontro finale con il Signore».
Questo spiega perché «nel corso di questi mesi travagliati abbiamo sentito più che mai viva la riconoscenza per i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari, in prima linea nello svolgimento di un servizio arduo e a volte eroico».
Mentre «sono stati segno visibile di umanità che scalda il cuore», «molti di loro si sono ammalati e alcuni purtroppo sono morti nell’esercizio della professione».
Col sostegno dei cappellani ospedalieri, «hanno testimoniato la vicinanza di Dio a chi soffre» diventando «silenziosi artigiani della cultura della prossimità e della tenerezza».
«Il mondo ha potuto vedere quanto bene avete fatto in una situazione di grande prova», ha continuato Francesco rivolgendosi ai presenti: «anche se esausti, avete continuato a impegnarvi con professionalità e abnegazione».
Tutto questo «genera speranza» – ha osservato – definendo la categoria degli operatori sanitari «una delle colonne portanti dell’intero Paese».
«Adesso, è il momento di fare tesoro di tutta questa energia positiva che è stata investita. Per onorare la sofferenza dei malati e dei tanti defunti, soprattutto anziani, la cui esperienza di vita non va dimenticata, occorre costruire il domani», ha auspicato il Santo Padre, invitando a «ripartire dalle innumerevoli testimonianze di amore generoso e gratuito, che hanno lasciato un’impronta indelebile nelle coscienze e nel tessuto della società».
«In questo modo, potremo uscire da questa crisi spiritualmente e moralmente più forti», ha sottolineato Bergoglio, rammentando che «Dio ci ha creato per la comunione, per la fraternità, ed ora più che mai si è dimostrata illusoria la pretesa di puntare tutto su sé stessi, di fare dell’individualismo il principio-guida della società».
Occorre però stare attenti, ha ammonito il Papa, poiché «appena passata l’emergenza, è facile scivolare, è facile ricadere in questa illusione…».
Nel suo discorso, il Pontefice si è anche soffermato sull’impatto della pandemia sulla vita della Chiesa, e in particolare sui membri del clero, ammettendo di aver «ammirato lo spirito apostolico di tanti sacerdoti, che andavano con il telefono, a bussare alle porte, a suonare alle case».
«Rimasti accanto al loro popolo nella condivisione premurosa e quotidiana», essi sono stati «segno della presenza consolante di Dio».
Prima della benedizione, il Papa ha espresso alle delegazioni presenti il suo «vivo apprezzamento» per quello che hanno fatto «in questa situazione faticosa e complessa». Ed ha concluso con le parole pronunciate da un personaggio dei “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni: «Avete incominciato un miracolo…».
Redazione